ANC Segrate

Associazione Nazionale Carabinieri
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sabato 30 agosto 2014

sulle strade del comasco

maresciallo Sebastiano d'Immé
Il 6 luglio 1996 a Locate Varesino, un comune di 5 mila abitanti tra le province di Como e Varese. Verso mezzogiorno il giovane maresciallo Sebastiano D'Immè, da sei anni in servizio nel nucleo operativo della Compagnia dei Carabinieri di Como, aveva fermato con un collega una Croma, con tre persone a bordo. Mentre i carabinieri si avvicinavano all'auto, ricercata per rapina, gli occupanti avevano esploso una ventina di colpi di pistola e fucile d'assalto AK-47. Sceso dall'auto, il maresciallo venne raggiunto da alcuni colpi ma replicò ugualmente al fuoco con la sua Beretta M12. Fu quindi ferito in modo gravissimo da una raffica sparata dal malvivente Luigi Bellitto, già ricercato per omicidio, che sparava da una posizione defilata.
Il militare, appena 31enne e sposato da soli 8 mesi, morì il giorno dopo all'ospedale di Varese.

La latitanza degli assassini durò appena 48 giorni. Il 23 agosto, nei giardinetti di largo Rio De Janeiro, a Milano, Luigi Bellitto e Rocco Agostino furono intercettati da una pattuglia dei carabinieri. Nella sparatoria che ne seguì, Bellitto fu centrato da una pallottola, che gli trapassò fegato e pancreas: morì poche ore dopo al Fatebenefratelli. Colpito da sette proiettili, al braccio e alle gambe, il complice fu immobilizzato e arrestato.

La vedova, di soli 27 anni, lo ricorda così: "Era molto rispettoso e altruista. Piuttosto che offendere una persona, preferiva stare male lui. Era un uomo umile, e non lo dico solo perché non c’è più. Io lo ricordo così e me lo hanno confermato tanti che l’avevano conosciuto bene. Io pensavo che avesse la divisa cucita addosso. Più di una volta ho provato a dirgli di cambiare lavoro, ma non ho mai ottenuto niente. Lui non ha mai cambiato. Ecco, io non dirò mai a nessuno di cambiare la decisione che ha preso, la scelta che ha fatto, il lavoro nel quale si è impegnato. Perché, è vero, mio marito è morto, ma nel modo migliore in cui lui poteva morire. Erano la sua strada, la sua vocazione, e anche se l’hanno portato alla morte, lui sarebbe stato orgoglioso di finire così. Poteva morire in qualunque altro modo. È accaduto mentre faceva ciò in cui credeva".


La motivazione per la medaglia d'oro al valor militare:
"Addetto a nucleo operativo di Comando Provinciale, nel corso di predisposto servizio antirapina svolto unitamente a parigrado, intercettava due pericolosi pregiudicati a bordo di un'autovettura di provenienza furtiva. Percependo che gli stessi, avvedutisi di essere stati individuati, potessero sottrarsi al successivo controllo già predisposto con il concorso di personale di rinforzo, non esitava ad affrontare i malviventi, venendo però fatto segno a violenta azione di fuoco. Benché colpito in più parti del corpo, con eccezionale coraggio e non comune determinazione, replicava con l'arma in dotazione finché si accasciava esanime al suolo. Fulgido esempio di elette virtù militari e di altissimo senso del dovere, spinto fino all'estremo sacrificio."

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La città di Gela ha sostenuto la pubblicazione del libro “Nome in codice, Ombra” dedicato alla memoria di Sebastiano D’Immè, maresciallo dei carabinieri originario di quella città. Autori del libro, il giornalista Mirco Maggi, iscritto all'Associazione Nazionale dei Carabinieri,  e il capitano dei carabinieri Cataldo Pantaleo, collega di “Ombra” ovvero il maresciallo Sebastiano D’Immè. Il libro contiene il romanzo "Nome in codice, Ombra" ispirato al sottufficiale gelese e il compendio della ricostruzione de "La vera storia del Maresciallo D'Immè". L'opera è corredata da una vasta ed esaustiva documentazione fotografica, da toccanti testimonianze e da numerosi documenti processuali inediti, perizie balistiche, intercettazioni ambientali, fotografie e testimonianze concessi in esclusiva agli autori che hanno lavorato più di due anni per ricostruire la vita di D’Immè.

Tra la ricostruzione della vicenda e delle fasi che portarono a quel triste epilogo e il ricordo di quanti conobbero il giovane sottufficiale, il libro traccia nitidamente la figura del carabiniere e dell’uomo. Parte del ricavato del libro sarà devoluto all'O.n.a.o.m.a.c. (ente assistenziale per i figli dei Carabinieri caduti in servizio).



martedì 26 agosto 2014

meno di 4 secondi a Segrate



Ricordiamo uno dei numerosi interventi di successo del G.I.S. (gruppo di intervento speciale) dei Carabinieri.
Il 16 Gennaio 1995, per sei ore e mezzo il 17enne Raffaele Alessi è rimasto sequestrato in nel suo appartamento di Segrate da due criminali albanesi.
 
Il dramma era iniziato quando alle ore 07:45, Tonin Ndoja, accompagnato da una connazionale, si era introdotto nell’abitazione di Lucio Clarelli, situata al primo piano di una palazzina di Segrate. La coppia di albanesi sarebbe arrivata quella mattina alla casa chiedendo di Lucio alla convivente Caterina Capozza, la quale ha detto loro che l’uomo non era in casa in quel momento, facendoli comunque entrare nell’appartamento. La Capozza è poi riuscita a rinchiudere l’uomo in uno sgabuzzino ed è fuggita dopo aver spintonato la ragazza. Ndoja si è liberato sparando due colpi di pistola alla serratura della porta. Le detonazioni hanno insospettito i vicini, i quali hanno immediatamente allertato i Carabinieri. Giovanni Clarelli, chiusosi in una stanza, segnala la sua presenza ai carabinieri accorsi nel frattempo, e si lancia dalla finestra su di un telo dei pompieri.
Ndoja intavola le trattative con la Polizia per la consegna della somma. Sul luogo giunge una funzionaria di Polizia che, dopo essere entrata nell’ abitazione, ottiene la liberazione della madre della Capozza, la signora Musillo. Nelle mani dei balordi resta ora solo Raffaele. Alle 14:55 vengono consegnati a Ndoja 80 dei 160 milioni di lire richiesti. Il criminale, che intende ottenere la somma in tempo per prendere l’aereo delle 17 per Tirana, lancia un’ultimatum: se entro quattro minuti non otterrà il resto della somma, ucciderà Raffaele. Si decide quindi per l’intervento immediato del G.I.S., giunto nel frattempo da Livorno.

Alle ore 15, tredici operatori del G.I.S. divisi in due squadre irrompono all’interno dell’appartamento da due punti diversi. Otto militari si appostano al di fuori dell’ingresso principale, posizionandovi un cannone ad acqua con il quale scardineranno la porta dell’appartamento. Altri cinque collocano una scaletta ai piedi di una finestra della casa. Al segnale di “via” vengono fatte saltare, a scopo diversivo, due finestre ubicate lontano dai due punti d’ entrata. I militi in attesa sulla strada entrano attraverso la finestra dopo aver lanciato all’ interno della stanza una flashbang. Ndoja, ancora armato nel corridoio e distratto da un telefonata da parte del sostituto procuratore, viene ferito allo stomaco da due colpi di pistola mitragliatrice H&K  MP5. La ragazza viene colpita dalla porta scardinata e neutralizzata con un pugno in viso.
 
L’assalto non dura più di quattro secondi e l’ostaggio viene tratto in salvo incolume.


 

giovedì 21 agosto 2014

nuova dottrina della Chiesa



Nella sua ultima intervista, durante il ritorno dal viaggio in Corea, papa Bergoglio ha affermato un concetto nuovo:

“il diritto dell'aggressore a essere fermato affinché non continui a fare del male”

Un modo nuovo e realistico di presentare la tradizionale dottrina del perdono e dell'amore del nemico: amare il nemico, in fin dei conti, significa metterlo nella condizione di riconoscere le proprie colpe e smettere di fare il male. Con ciò gli si dimostra che lo si ama. Si vuole la sua salvezza, non la sua rovina.

Ricordiamo inoltre un pensiero del filosofo francese Blaise Pascal:

"È un crimine tanto disturbare la pace quando la verità prevale, quanto è un crimine mantenere la pace quando la verità è violata. C’è quindi un tempo in cui la pace è giustificata e un altro tempo in cui non è giustificabile. Perché sta scritto che c’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra ed è la legge della verità che li distingue. Ma in nessun momento c’è un tempo per la verità e un tempo per l’errore, poiché è scritto che la verità di Dio durerà per sempre. Ecco perché Cristo ha detto che è venuto per portare la pace e allo stesso tempo che è venuto per portare la spada. Ma non dice di essere venuto a portare sia la verità che la menzogna".
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mercoledì 20 agosto 2014

estate piovosa

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Troppe piogge: il fiume Lambro, al confine con Milano, è a rischio esondazione.
I nostri volontari, con i potenti mezzi degli amici della sezione di Brugherio, sono pronti a limitare i danni.
La situazione più grave si era verificata l’8 luglio, quando la piena del Lambro ha messo in allarme numerose aree del territorio. Particolarmente a rischio la zona di Linate, dove i volontari della Protezione Civile di Peschiera Borromeo avevano già predisposto un piano di emergenza che prevedeva la chiusura di alcune strade e l’utilizzo di sacchi di sabbia per contenere le acque.

ANC allertata per alcune zone di Brugherio


N.B. il berretto regolamentare viene indossato solo dall'unica donna ...

venerdì 1 agosto 2014

tradizione oppure praticità ?


Le nuove uniformi operative della Polizia di Stato.
Più moderne, più pratiche, più comode ...

La tradizione è un valore da mettere al primo posto?
Cosa ne pensano i carabinieri di pattuglia dell'obbligo di indossare la caratteristica bandoliera bianca?
La fondina deve servire a trasportare la pistola oppure deve permettere di estrarla rapidamente?
Le scarpette con suola di cuoio sono adatte agli inseguimenti a piedi?