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giovedì 23 giugno 2016

arrestato un assassino del maresciallo



Giovedì 23 giugno 2016 - Arrestato oggi un presunto assassino del maresciallo capo Silvio Mirarchi.
Si tratta di Nicolò Girgenti, un bracciante marsalese di 45 anni.
Mirarchi venne colpito alle spalle nelle campagne di Marsala il 31 maggio scorso nel corso di ricerche per scoprire piantagioni di marijuana.
Secondo gli inquirenti Girgenti non sarebbe stato solo: si cerca un complice.

Gli investigatori del comando provinciale dei Carabinieri di Trapani, dopo avere messo sotto torchio il proprietario di un podere con seimila piante di canapa, Francesco D’Arrigo di 54 anni, arrestato due giorni dopo l’omicidio, hanno ristretto il cerchio dei sospettati, arrivando al presunto omicida.
Hanno collaborato alle indagini e alle ricerche i militari del Ros e agli specialisti dello squadrone eliportato cacciatori di Calabria.

A incastrare Girgenti è stata la prova dello stub e in particolare la presenza di residui di nichel, la stessa sostanza rinvenuta in uno dei bossoli che ha colpito a morte il sottufficiale. Secondo gli inquirenti, il presunto omicida era un socio "infedele" di Francesco D’Arrigo, il pregiudicato arrestato perché ritenuto responsabile della coltivazione dello stupefacente.
I carabinieri ritengono che Girgenti, la sera del delitto, si trovasse all’interno del campo coltivato a canapa, per asportare alcune piante e che avrebbe fatto fuoco all’indirizzo del militare, uccidendolo, non appena il maresciallo Mirarchi, che con un altro commilitone aveva notato delle luci e percepito voci in dialetto siciliano, ha intimato l’alt, qualificandosi. Gli esami del Ris di Messina hanno inoltre appurato che un mozzicone di sigaretta, trovato, tra le piante di canapa, sarebbe stato gettato da Girgenti.Si cerca un complice

Le indagini non sono concluse. Gli inquirenti, infatti ritengono che Girgenti abbia agito almeno assieme a un complice, al momento non identificato. Grazie agli esami tecnici eseguiti sul telefonino dell’indagato, gli inquirenti hanno appurato che l’alibi fornito da Girgenti non sta in piedi: "Ero a letto che dormivo", disse ai carabinieri, ma il suo telefonino, a quell’ora, effettuava delle chiamate agganciando celle di un ponte ritenuto compatibile con il luogo dove si è consumato il delitto.
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